The Net of Life

The Net of Life is a network to promote the development of the idea of connection among all living creatures and between them and the environment

Sunday 27 February 2011

La foreste viste attraverso gli occhi di un orango che muore

"E' in quegli occhi che tu scopri l'amore.
Lì vedi l'armonia.
Ma è in quegli stessi occhi che osservi la paura.
La rassegnazione. Perchè se muore la foresta muori anche tu.
E se quegli occhi non sono, forse, in grado di pensare alla morte,
tu scopri, lo stesso, la tristezza in questi.
E' con quegli occhi che si chiudono per sempre
che comprendi ciò che l'umanità sta perdendo.
Che sia maledetta la carta, il parquet ed i mobili di lusso.
Che siano maledetti i biscotti col loro ripieno di putrido olio.
Che sia maledetta la palma e la bieca ingordigia umana.
Che sia, su tutto, maledetto l'uomo."
 
Dal mio diario in Indonesia,
Agosto 2010
 
 
Carissimi lettori del Blog,
vi inito caldamente a vedere il film al link sotto, girato in Indonesia. E' gratuito e dura quanto un tempo di una partita di calcio. Ma vale più di mille Coppe del Mondo.
Per me è stato come riaprire con una lama di coltelo una ferita aperta da quegli sguardi, da quelle foreste e da quella distruzione che ho potuto osservare direttamente questa estate. In questo film ho rivisto ciò che ha scolpito in me un profondo senso di perdita. Nel tentativo di cercare verità e bellezza, ho trovato anche menzogna ed orrore. Nella natura ho trovato la bellezza, nell'armonia di questa, la verità. Nell'uomo, spesso, la menzogna. Nella sua insaziabile ingordigia, l'orrore.
Ed è per questo che vi invito a guardare questo meraviglioso film, che vale più di tante parole, ma che accende le coscienze come il boato di un albero abbattuto nella foresta. Come l'urlo straziato di un orango isolato in quella che un tempo era la sua casa.
Ed è per questo che vi chiedo di diffondere quanto più possibile questo grido disperato. Affinchè tutti agiscano per fermarlo. Affinchè tutti sentano quello schianto, quel lamento, ogni volta che acquistano una risma o che comprano della carta igienica o un kite-kat, un pacco di fette biscottate, un rossetto, un profumo. Ogni volta che quella scritta generica e meschina, "olio vegetale/olio di palma", nasconde il senso di perdita che giorno dopo giorno accompagna il respiro sempre più affannoso della foresta indonesiana.
Affinchè quel tonfo di distruzione riecheggi ogni volta che un tavolino di legno sostiene i nostri drinks. Ogni volta che il nostro pesante passo calpesta un parquet.
Non è facile arrivare alla fine di questo film, ma pensate quanto invece sia facile arrivare alla fine, alla totale distruzione, della foresta.
Spero che questo vi dia la forza ed il coraggio per fare qualcosa. E che questo qualcosa sia mosso dalla piena consapevolezza dei fatti e non dall'opportunistico sfruttamento demagogico degli agitatori di coscienza, delle associazioni mangia soldi, dei venditori di fumo.
Perchè è la nostra libertà di pensiero l'unica speranza. E' la nostra capacità di indignarci ancora dinanzi a tutto questo, l'unica possibilità di salvezza.
La povertà non è la mancanza di ricchezza, così come il buio non è la mancanza di luce. Povertà non è che occhi che si chiudono. E questo è quello che noi chiamiamo buio.
 
Grazie,
Roberto
 
Buona visione:
 
 

Caccia alle balene stop del Giappone. Ecco l'AMBIENTALISMO che porta risultati, altro che le azioni simulate e di facciata di Greenpeace!

Ecco l'AMBIENTALISMO che porta risultati, altro che le azioni simulate e di facciata di alcune associazioni per la pace verde,
 realizzate accordandosi con le baleniere per fare qualche foto e poi raccogliere fondi per una caccia che - ovviamente - quest'associazione non ha interesse di fermare!
Il mondo dovrebbe essere ogoglioso dei coraggiosi e COERENTI attivisti di Sea Shepherd!
 
IL CASO (da Repubblica.it) 16/02/2011

Caccia alle balene stop del Giappone

Ogni anno l'arcipelago pesca centinaia di balene in nome della 'ricerca scientifica' in Antartico, dove la caccia per scopi commerciali ai cetacei è vietata dal 1986

appena 506 unità, a causa di difficoltà nelle attività anche per gli scontri diplomatici nati con Australia e Nuova Zelanda. Canberra, in particolare, ha alzato il livello dello scontro con la presentazione della denuncia contro il Giappone al tribunale mondiale dell'Aia per fermare la caccia nell' Antartico. Un attivista neozelandese di Sea Shepherd, inoltre, è stato condannato al carcere con la sospensione di due anni della pena per un'azione di disturbo e 'l'assalto' contro una delle baleniere.

Invia un articolo scientifico a editor@economologos.com

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L'Economology Society è un ente no profit per lo sviluppo dell'idea di unione tra l'economia e l'ecologia.

Il sito, in lingua inglese, ospita una sezione dedicata alla rivista

 

Economology Journal

 

che pubblica articoli internazionali in peer-review su temi come l'ecologia e l'economia ambientale.

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Tuesday 22 December 2009

I capodogli spiaggiati del gargano vittime della nostra ipocrisia

Siamo già tutti pronti a sfoggiare il regalo per Natale. Un anello, un computer, una sciarpa o un bel libro. Siamo un po' tutti (forse) dispiaciuti dell'esito del vertice di Copenaghen, che invece di portare un lieto regalo sotto l'albero del mondo ci ha consegnato il solito pacco! Siamo tutti (forse) affranti dalla notizia della morte dei nove capodogli spiggiati sulla costa del gargano nei giorni scorsi. Talmente affranti da aver letto con apprensione delle sorti dei cetacei, esserci avvicinati per vederli morenti, aver inviato e-mail con la notizia ad amici e parenti, esserci informati sul perchè. Talmente preoccupati, però, da non accorgerci che la causa della morte di questi giganti che ancora, coraggiosamente, continuano a vivevere nel nostro Mediterraneo-pattumiera, sono è la nostra stessa ipocrisia. Quella che ci porta a dispiacerci di loro e che, allo stesso tempo, ci fa comprare oggetti (ed a Natale c'è l'apoteosi) confezionati in sacchetti di plastica, trasportati in buste di plastica e smaltiti a casaccio, al mare, in discarica, per strada. La causa di morte di quei capodogli, che come un messaggio del Canto di Natale dickensoniano, ci ricordano il vero senso delle azioni che per tutto il resto dell'anno compiamo, è stata la massiccia ingestione di plastica e rifiuti. A questo si è aggiunto il disorientamento a causa di quell'incredibile via vai di merci e di beni su nave (ma non sono da meno gli altri mezzi di trasporto, in quanto a danni) i cui radar spesso fanno sbagliar rotta a queste splendide creature.
Ma se davvero ci sentiamo dispiaciuti per quanto accaduto, iniziamo a non acquistare più sacchetti ed imballaggi di plastica che, inevitabilmente, finiscono nello stomaco di qualche animale o nell'acqua che noi stessi beviamo. Iniziamo a fare la spesa con i sacchi in tela ed una raccolta differenziata attenta e meticolosa. Evitiamo di acquistare prodotti realizzati oltreoceano ed allora davvero potremo sentirci sentitamente dispiaciuti. Perchè a Natale si è tutti più buoni ma, forse sarebbe meglio essere tutti meno ipocriti. Se davvero teniamo alla Vita, e ci fa tanta tristezza vedere delle meravigliose anime patire le pene per aver ingerito sacchi in plastica, retine, cellophane, scambiandoli per succulenti calamari e ci fa rabbia non poter far nulla per salvarli, smettiamo di essere noi la causa di questo lento massacro, non solo di animali con un cervello dieci volte più grande del nostro, ma di una Terra mille volte, e mille ancora, violentata dal nostro indifferente agire. A Natale prendiamoci un minuto per pensare...
Buon Natale a tutti, con l'augurio di un Nuovo Anno in armonia con la natura.

Roberto Cazzolla

Sunday 20 December 2009

Ma cosa è accaduto davvero a Copenaghen?

Ecco come sono andate le cose durante l'ultima COP/CMP. Molto di quanto accaduto non è stato riportato dai giornali e dalle TV:

http://www8.cop15.meta-fusion.com/kongresse/cop15/templ/play.php?id_kongressmain=1&theme=unfccc&id_kongresssession=2761

Saturday 19 December 2009

Ecco i dettagli dell'Accordo di Copenaghen. Ma, non tutti sono disposti alla firma

Mentre continuano le discussioni nell'aula plenaria del Bella Center, dove i paesi poveri stanno esprimendo il loro disappunto per il risultato del summit, si scoprono i dettagli dell'Accordo.
Il primo punto è un tetto massimo di riduzione a 2°C dell'innalzamento delle temperature medie globali ed una revisione al 2016 per un'eventuale limitazione a 1,5°C. Sul piano finanziario un impegno per i paesi sviluppati a fornire un contributo di 30 miliardi di dollari ai paesi in via di sviluppo per le misure di adattamento, nel periodo 2010-2012. Con l'impegno di un contributo di 100 miliardi di dollari al 2020. L'impegno per i paesi sviluppati a ridurre dell'80% le emissioni al 2050, mentre gli impegni a breve termine saranono stabiliti successivamente. Le misure nazionali di mitigazione saranno sottoposte a controllo internazionale e le misure di mitigazione saranno rendicontate ogni due anni.

Buoni punti di partenza, se prevedessero misure legali e vincoli sanzionatori. Invece, nella forma di "prendiamo atto dell'Accordo di Copenaghen" (frase che ha concluso il negoziato della COP), perde della sua rilevanza.
Sono in corso ancora le dichiarazioni di alcuni delegati, a dir poco "arrabbiati". Secondo le ONG si tratta di un fallimento. L'UE lo definisce l'unico accordo possibile da prendere a Copenaghe anche se molto sotto le iniziali aspettative. Il segretario dell'UNFCCC Yvo de Boer, lo ha definito un piccolo passo in avanti anche se, si chiede, quanti paesi in via di sviluppo saranno disposti a firmare questo blando accordo?

Il vertice si conclude con una "presa d'atto"! I paesi poveri in rivolta: "il solito teatrino"

C'è un accordo. Ma è di facciata. Dopo una lunga notte di scontri, dichiarazioni e grandi dormite di molti esausti delegati, alle 3:30 di questa mattina si è deciso di non mettere ai voti ogni punto, come prassi vuole, ma di esprimere un poco vincolante "prendere atto". Tale forma non impegna nessun paese ed è solo la conferma che quanto accaduto a Copenaghen in questi travagliatissimi giorni è stato registrato. Senza obblighi. Senza sanzioni. Senza limiti. Il testo che da molto tempo circola è una revisione della bozza presentata dalla danimarca (a quanto pare sotto la spinta USA) con delle piccole modifiche apportate solo ieri dall'incontro a porte chiuse tenuto da Obama con i Primi Ministri della Cina, del Sud Africa e dell'India. Un tentativo, quello di Obama, di non far completamente fallire il vertice ma, allo stesso tempo, di non assumere (viste anche le stallo delle politiche interne) un impegno vincolate. Aspetto che nella discussione di questa notte ha visto la forte opposizione dei piccoli stati, con l'arcipelago di Tuvalu in testa che ha dichiarato "così uccidete la nostra gente". Il più agguerrito, come per altro già nelle ultime settimane, è stato il delegato Sudanese, rappresentante del G77, Lumumba che ha definito un simile modo di agire "paragonabile ad un olocausto dove la nostra gente sarà destinata all'incenerimento".

Un acccordo, quinti, che non è un accordo. Una presa visione di atti che altri avevano da tempo previsto. Già dal vertice a 2 USA-Cina era emersa la volontà di un accordo politico, che in effetti c'è stato. Risultato rilevante poichè l'ammissione del problema da parte degli USA e l'apertura di un tavolo negoziale con India e Cina sono grandi passi in avanti. Ma non sufficienti a scongiurare il problema. Così si rimanda per l'ennesima volta un impegno vincolante e si temporeggi concedendo ai mutamenti climatici un ulteriore possibilità di intensificare gli effetti. Questo "Accordo di Copenhagen", alla fin dei conti, nulla impegna e nulla impone. Un foglio di carta pieno di tante parole, quelle stesse parole che Obama aveva dichiarato esaurite per lasciar spazio ai fatti, solo poche ore prima. Il Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon, per tentare di salvare il vertice o forse la faccia, vista la sua completa mancanza di peso in ambiente internazionale, ha dichiarato subito dopo la "presa d'atto", che"in poco tempo renderemo vincolante l'accordo". Ciò che spaventa è "il poco tempo"!


Nelle prossime ore formiremo su questo blog i dettagli e l'analisi sui punti dell'accordo non vincolante pattuito.

Friday 18 December 2009

Un accordo c'è ma, sembra debole. Non si conoscono ancora i dettagli.

Un accordo sembra ci sia stato, almeno stando a quanto dichiarato da un delegato USA. L'accordo raggiunto in serata tra Stati Uniti, Cina, India e Sud Africa, sembra però non soddisfare a pieno nessun paese, come confermato dal delegato. Si tratterebbe di un impegno a mantenere le temperature sotto i 2°C di innalzamento, sui meccanismi finanziari e sul taglio delle emissioni. Sembra che le parti si siano accordate sulla realizzazione di un registro delle emissioni e sulle "comunicazioni nazionali di queste". A gennaio, pare sia stata fissato un nuovo appuntamento per formalizzare gli obiettivi al 2020. Ma i dettagli dell'accordo ancora non si conoscono visto che la riunione dei capi di stato si è tenuta a porte chiuse, senza possibilità di accesso per televisioni, giornalisti e rappresentanti delle ONGs.

Dalla conferenza dell'UE e dalla riunione plenaria della COP prevista a breve, si scopriranno nuovi particolari.

In corso le dichiarazioni dei Capi di Stato - Obama: ora é tempo di agire!

Si stanno succedendo come al gran ballo di fine anno i Primi Ministri dei vari paesi. Dopo l'introduzione del Presidente danese e della COP, Rasmussen e la preghiera di un raggiungimento degli obiettivi dal sempre meno rilevante in campo internazionale, Direttore Generale dell'ONU Ban Ky-moon, molto attesi sono stati i discorsi del Premier Cinese Wen Jabao e di quello Americano, Obama. Il primo ha ribadito quanto la Cina sia impegnata ad agire per migliorare la situazione climatica adottando un piano nazionale per il Climate Change, come la riduzione delle emissioni e l'efficienza energetica. Il Premier cinese ha poi chiaramente ribadito la necessita del vertice di mantenere la consistenza degli obiettivi e di non sprecare il lavoro fatto in queste due settimane, sottolineando come deve sempre sussistere il principio delle comuni ma differenziate responsabilitá. Ha chiuso dicendo"saremo coinvolti nel raggiungimento dei pieni obiettivi del summit".

Obama, accolto con grande entusiasmo, ha subito sgomberato il campo dalle precedenti visioni del suo predecessore dichiarando: "Il pericolo dei mutamenti climatici é reale, non si tratta di fiction. E' scienza! E' a rischio la sicurezza del mondo, dell'economia e dell''umanitá. Qui non é in dubbio il problema in se ma la nostra abilitá di azione. Si é perso molto tempo, decenni, ed ora non é piú tempo di parlare ma di agire! Ci prendiamo le nostre responsabilitá come paese a maggior emissioni eci stiamo muovendo verso una legislazione nazionale per l'energia rinnovabile. Ma tutti devono fare la propria parte. Tutti devono ridurre le loro emissioni secondo il principio dei reciproci obblighi e noi, paesi richhi, dobbiamo prevedere misure finanziarie per i paesi piú poveri. Abbiamo giá previsto un fondo di 10 miliardi di dollari per i prossimi 3 anni e di 100 miliardi di dollari al 2020. Ora ha sentenziato the time for talk is over!, potremmo decidere di posticipare le decisioni di un mese, un anno, un decennio e richieremmo ancora di piú. Oppure dobbiamo capire che non c'é piú tempo da perdere. Siamo qui per farlo!".

Il discorso é stato accolto con favore ma, anche con lo scetticismo che annunci troppo generali e privi di impegni concreti spesso genera.

Il Presidente del Brasile, Lula ha tenuto a precisare che "non ha senso firmare un trattato che non risolve il problema e non é frutto di una buona negoziazione. Solo un miracolo puó portare ad un accordo. Ma io credo nei miracoli. Siamo qui ed abbiamo ancora qualche ora pre provare ad indirizzare le due bozze che i gruppi di lavoro stanno preparando per uscire da questo summit con un risultato insperato. Abbiamo la possibilitá e dobbiamo provarci".

Discorsi e posizioni che erano ben note prima del verice e che lasciano molto confusi sul risultato finale del summit. I due AWG sono ancora riuniti e stanno tentando il tutto per tutto per recuperare dal ritardo nella formulazione delle proposte, che nel tardo pomeriggio saranno portate al voto dei premier. Intanto i discorsi continuano ma, come ha con un'iperbole del lessico sentenziato Obama: This is not the time to talk but to act! Il Pianeta, con apprensione risponde: "I hope!".